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Zuckerberg Vs Assange

16 Gen

mazucAssa

Haikuleaks/cable is poetry

31 Dic

Haïkuleaks Cable is poetry 65 haikus in 1830 cables

 
  1. As is typical,
       the Pope stayed above the fray
    and did not comment.

    00HARARE5461.txt

  2. Whether such tactics
       will have a chilling effect
    remains to be seen.

    09MEXICO193.txt

  3. Rocha and Rands
       did not attend the meeting
    with Micheletti.

    09BRASILIA1262.txt

http://haikuleaks.tetalab.org/

Anche oggi prima pagina da urlo……

30 Mag

Chiediamo a gran voce una carta più morbida per la stampa del quotidiano..ne alzerà di gran lunga l'utilità sociale.

BARCIS – (ss) Da tre anni quei furti erano diventati una sorta di incubo per l’amministrazione comunale e i carabinieri della stazione di Montereale. Chi poteva essere il ladro che, sistematicamente, rubava i rotoloni di carta igienica dai bagni delle aree picnic di Barcis, creando oggettive difficoltà ai turisti e dando un’immagine poco decorosa della località lacustre pordenonese… Un mistero che andava risolto al più presto, anche attraverso l’uso di telecamere installate in ogni luogo dove il ladro avrebbe potuto colpire e ai timbri del Comune su ogni rotolo. Ma non è stato affatto facile scoprire il ladro, tant’è che i furti sono proseguiti per trentasei lunghi mesi. Fino a ieri mattina. L’uomo, un pensionato di 57 anni residente a Carbonera, in provincia di Treviso – E. G. le iniziali -, è stato denunciato per furto aggravato e continuato dai carabinieri di Montereale che hanno agito in collaborazione con i colleghi della stazione di Silea (Tv). Alla vista delle divise, il ladro di carta igienica si è giustificato sostenendo di aver agito in stato di primaria necessità, poichè soffre di una malattia cronica dell’intestino. Il pensionato è stato preso con le mani nel sacco: in una aveva un rotolone di carta, mentre nel bauletto dello scooter col quale era arrivato a Barcis aveva sei porta rotoli vuoti. La sua tattica consisteva nel sostituire i rotoli pieni con quelli vuoti. I carabinieri hanno quindi compiuto accertamenti nella casa del pensionato, a Carbonera, dove si sono fatti consegnare dalla moglie altri otto rotoloni che riportavano il timbro del Comune di Barcis. Il danno subito ammonta a circa 3 mila euro (ogni rotolone costa mediamente 3 euro). Particolare bizzarro è che la spesa per la benzina necessaria ad arrivare da Carbonera a Barcis, visto che il pensionato qualche volta aveva utilizzato l’auto invece dello scooter – è più o meno pari al costo della carta igienica che di volta in volta rubava.

pray for rain

14 Feb

c’eravo distratti

ed il culto della visibilità

ci aveva storditi e così niente successe negli anni 00

gli anni della metabolizzazione gli anni sottozero….

il reticolo ha formato il cubo.

In deepest hollow of our minds
A system failure left behind
And their necks crane
As they turn to pray for rain
And their necks crane

Dull residue of what once was
A shattered cloud of swirling doves
And their eyes change
As they learn to see through flames
And their necks crane
As they turn to pray for rain
And their eyes change
As they learn to see through flames
And their necks crane
As they turn to pray for rain…….

latte in polvere

26 Gen

Una ricerca dell’Helmholtz Zentrum Munchen e dell’INRAN, diretta dalla dottoressa Pandelova e pubblicata da "International Journal of Food Sciences and Nutrition"

Troppe calorie nel latte in polvere per neonati

I misurini e le indicazioni sull’etichetta possono portare ad eccessi dannosi

© Matteo Clerici/NEWSFOOD.com – 25/01/2010

Troppe calorie nel latte in polvere per neonati

Il latte artificiale per neonati potrebbe fornire ai piccoli troppe calorie rispetto alla quantità ottimale.

E’ il verdetto di una ricerca dell’Helmholtz Zentrum Munchen (Germany) in collaborazione con l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) diretto dalla dottoressa Marchela Pandelova e pubblicato dal "International Journal of Food Sciences and Nutrition".

Gli studiosi hanno messo sotto esame le 22 formule (destinate ai neonati) tra cui prodotti vaccini, ipoallergenici e di soia, sia liquidi che in polvere. Le Aziende produttrici coprono l’80% di tutto il mercato della UE ed i prodotti sono corredati da etichette con indicazioni sulla preparazione e di un misurino, del quale ne viene dichiarata la capacita’ in grammi.

Il team di ricerca ha specificato come la quantità di calorie assunta giornalmente è stata calcolata seguendo le indicazioni riportate sulla confezione; si è data particolare attenzione alla quantità di peso del prodotto, misurata sia tramite capacità del misurino che per pesata.

Alla fine, i risultati hanno evidenziato come, per il 90% dei prodotti esaminati, vi sia il rischio di sovra dosaggio. Tale pericolo, spiegano gli scienziati, è dovuto a 2 insidie. Primo: le quantità’ di prodotto indicate in etichetta per le varie eta’ sono superiori alle raccomandazioni, con un eccesso del 17% di "carburante" rispetto al fabbisogno energetico del 4 mese di vita. Secondo: il misurino ha una capacita’ maggiore rispetto a quella dichiarata (circa 0,5 g/misurino) e con l’aumentare del numero dei misurini bimbo al 4 mese riceve un surplus calorico giornaliero di circa 7% rispetto al fabbisogno.

Ad esempio per il bimbo in questione (neonato al 4 mese di vita) la combinazione dei 2 fattori porta una maggiorazione dannosa delle calorie del 24% rispetto alle linee guida di FAO ed OMS.

Spiega la dottoressa Piccinelli, nutrizionista INRAN coinvolta nelle indagini: "Nello studiare le etichette delle formule lattee per i primi 4 mesi, si e’ visto che i misurini e le indicazioni riportate in etichetta potevano portare ad assunzioni eccessive di calorie. Per ovviare tale situazione si suggerisce di aggiungere in etichetta il consiglio ai "preparatori" dei biberon di verificare almeno una volta, per pesata, che l’insieme dei misurini utilizzati corrisponda effettivamente alla quantità’ di formula lattea prescritta dal pediatra. Inoltre, nelle istruzioni dovrebbe sempre essere indicato che il misurino va riempito "raso" e comunque non "pigiato", come alcuni familiari e/o assistenti inesperti fanno nell’intenzione di nutrire meglio il bambino".

LINK alla ricerca

L’era della dominazione maschile sta giungendo alla fine.

9 Gen
DI REIHAN SALAM
Foreign Policy

Seriamente,

Per anni il mondo e` stato testimone di un silenzioso ma monumentale cambiamento, il trasferimento del potere dagli uomini alle donne. Oggi, la Grande Recessione ha trasformato quello che era un cambiamento evolutivo in una rivoluzione. Tra le conseguenze non vi sara` solo un colpo mortale a quel club di macho-men detto capitalismo finanziario che ha gettato il mondo nell’attuale catastrofe economica; sara` una crisi collettiva per milioni e milioni di uomini intorno al globo.

I segni dell’agonia del macho sono facili da individuare se si sa dove guardare. Considerate, per cominciare, l’impatto incredibilmente sproporzionato che la crisi attuale sta avendo sugli uomini – tanto che la recessione viene chiamata da alcuni economisti e in alcuni recessi angoli della blogosfera “lui-cessione”. Piu` dell’80 percento dei posti di lavoro perduti negli Stati Uniti dall’inizio di novembre appartenevano a uomini, secondo l’Ufficio delle Statistiche del lavoro degli Stati Uniti. Ed i numeri sono largamente simili in Europa, arrivando a formare un gruppo di uomini senza lavoro tra Stati Uniti ed Europa di circa 7 milioni piu` numeroso che non prima della recessione. Settori economici tradizionalmente dominati da uomini (costruzioni e manifattura pesante, per esempio) stanno subendo un piu` pesante e piu` rapido declino di settori tradizionalmente dominati da donne (come i lavori nel settore pubblico, la sanita` e l’educazione). Si prevede che alla fine del 2009 si conteranno fino a 28 milioni di uomini tra le vittime della recessione globale.

Le cose stanno quindi peggiorando per gli uomini, poiche` la recessione va ad aggiungersi alle tribolazioni causate dalla globalizzazione. Secondo una stima dell’economista di Princeton Alan Blinder, tra 28 e 42 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti sono a rischio di outsourcing. Peggio ancora, gli uomini stanno restando sempre piu` indietro nell’acquisizione delle credenziali educative necessarie al successo in un’economia basata sulla conoscenza, come quella che dominera` il mondo post-recessione. Presto ci saranno tre laureate per ogni due laureati negli Stati Uniti, e le prospettive sono similarmente dispari nel resto del mondo sviluppato.

Certo, il macho e` una disposizione d’animo, non solo una questione di impiego. E mentre gli uomini vengono copiti piu` duramente dalla “lui-cessione”, sono persino peggio equipaggiati ad affrontare i profondi e prolungati costi psicologici dovuti alla perdita del lavoro. Secondo il American Journal of Public Health [“Giornale Americano della Salute Pubblica” N.d.t.], “la tensione finanziaria della disoccupazione” ha conseguenze molto piu` significative sulla salute mentale maschile che non femminile. In altre parole, preparatevi ad un bel po’ di uomini infelici la’ fuori – con tutte le conseguenze negative che questo comporta.

Con l’evolversi della crisi, le conseguenze si riveleranno sempre piu` nell’arena delle politiche di potere. Considerate le risposte elettorali che cominciano a delinearsi di fronte a questa catastrofe globale. Quando l’economia islandese e` implosa, gli elettori di quella nazione hanno fatto quanto nessun altro paese prima di loro: non soltanto hanno mandato a casa l’elite tutta maschile che aveva supervisionato l’evolversi della crisi, ma hanno nominato primo ministro la prima leader al mondo apertamente lesbica. E` stato, ha detto Halla Tomasdottir – a capo di una delle poche banche islandesi ancora solventi – una risposta perfettamente ragionevole alla “competizione tra peni” in un sistema di investimenti bancari dominato dai maschi. “Il novantanove percento e` andato alla stessa scuola, guida la stessa macchina, indossa gli stessi completi ed ha lo stesso atteggiamento. Ci hanno messo in questa situazione – e si sono divertiti un sacco facendolo” si e` lamentata Tomasdottir con un giornalista di Der Spiegel. Poco dopo una Lituania stremata dai debiti ha preso una strada simile, eleggendo la sua prima donna presidente: un’esperta economista con una cintura nera di karate, che risponde al nome di Dalia Grybauskaite. Nel giorno della vittoria elettorale il titolo di apertura del maggiore quotidiano di Vilnius era: “La Lituania ha deciso: il paese deve essere salvato da una donna”.

Benche` non tutte le nazioni risponderanno gettando via i maschi fannulloni, la reazione e` reale – ed e` globale. Ed e` probabile che il grande trasferimento del potere da maschi a femmine venga drammaticamente accelerato dalla crisi economica. Piu` e piu` persone si renderanno conto che il comportamento aggressivo ed amante del rischio che ha consentito agli uomini di trincerarsi nel loro potere – il culto del macho – si e` dimostrato distruttivo ed e` insostenibile in un mondo globalizzato.

Certo, si puo` dire che il lascito piu` duraturo della crisi non andra` affrontato su Wall Street. Non sara` la morte della finanza. E non sara` la morte del capitalismo. Queste idee ed istituzioni sopravvivranno. Quello che non sopravvivera` sara` il macho. E la scelta che gli uomini dovranno fare – se accettare o combattere questo nuovo fatto storico – avra` effetti sismici per tutta l’umanita`, donne e uomini.

Per molti anni ormai e` stato stabilito che, come dimostrato memorabilmente dagli economisti di finanza comportamentale Brad Barber e Terrance Odean nel 2001, tra tutti i fattori che possono correlarsi con investimenti di eccessiva fiducia nei mercati finanziari – eta`, stato civile, e simili – il piu` ovvio colpevole e` il possesso di un cromosoma Y. Ed ora viene fuori che non soltanto i macho della finanza globale, dominata pesantemente dai maschi, creano le condizioni per un tracollo economico globale, ma sono stati favoreggiati dalle loro controparti soprattutto maschili ai governi, le cui politiche, consciamente o no, hanno sostenuto artificialmente il machismo.

Un esempio e` la “housing bubble” degli Stati Uniti, la bolla di sapone, la crisi dell’immobiliare, esplosa ora con piu` violenza nell’ovest della nazione. E` la rappresentazione di una politica economica che ha dissimulato le prospettive in declino degli operai maschi. Negli Stati Uniti il boom delle costruzioni ha generato posti di lavoro relativamente ben retribuiti per i relativamente meno specializzati uomini che costituivano il 97,5 percento della forza lavoro – una media di $814 alla settimana. In paragone, la media per impieghi nel settore sanitario, dominato dal femminile, e` di $510 alla settimana, mentre un lavoro nel commerciale paga una media di $690 alla settimana. La bolla dell’immobiliare, secondo l’Ufficio delle Statistiche del Lavoro degli Stati Uniti, aggiunse quasi 3 milioni di impieghi nel settore delle costruzioni residenziali. Altri settori, anch’essi dominati dai maschi, come beni immobili, produzione cementifera, trasporto merci ed architettura, videro grandi benefici. Questi profumati salari nelle costruzioni consentirono agli uomini di mantenere un vantaggio economico sulle donne. Quando si chiede ai politici perche` non abbiano agito per contenere l’inflazione della bolla immobiliare, invariabilmente citano come il settore immobiliare fosse un pilastro dell’occupazione. Indubbiamente sostenere il macho aveva gran benefici, mentre far scoppiare la bolla sarebbe stato un suicidio politico.

Eppure la bolla immobiliare e` solo l’ultimo di una lunga serie di sforzi nel sostegno del machismo, il piu` potente dei quali fu il New Deal, come sostiene la storica Gwendolyn Mink. All’apice della Grande Depressione nel 1933, 15 milioni di Americani erano disoccupati, in una forza lavoro composta per circa il 75 percento da uomini. Questo minava il modello dell’uomo procacciatore di cibo per la famiglia, e vi era una pressione tremenda per recuperarlo. Ed e` proprio questo che fece il New Deal, creando posti di lavoro per gli uomini. Ed isolare le donne dal mercato tenendole a casa divenne uno status symbol per gli uomini, un obiettivo che la maggior parte degli uomini raggiunse nella famiglia nucleare del dopoguerra ("Rosie la rivettatrice", simbolo del femminismo degli anni della guerra nella leggendaria illustrazione “possiamo farcela” fu solo un contrattempo). In questo modo, secondo la storica Stephanie Coontz, la Grande Depressione ed il New Deal rinforzarono i tradizionali ruoli dei generi: alle donne veniva promessa la sicurezza economica in cambio della istituzionalizzazione del potere economico del maschio.


Oggi questo antico patto si e` sciolto, e nessun intervento di stato lo portera` indietro. Effettivamente, negli Stati Uniti, il pacchetto di stimolo dell’economia non porta molte similitudini con un programma di lavori pubblici sullo stile del New Deal. Nonostante iniziali discussioni riguardo ad una possibile concentrazione del pacchetto di stimolo su progetti di infrastrutture pronti a partire, linee ferroviarie ad alta velocita`, ed altre iniziative che avrebbero sostenuto pesantemente settori prevalentemente maschili dell’economia, la gran parte dei fondi sta andando – direttamente o indirettamente – all’educazione, alla sanita` ed ad altri servizi sociali. Di gia` negli Stati Uiniti le donne costituiscono quasi la meta` di biologi e scienziati medici e quasi tre quarti dei lavoratori nel settore sanitario. Persino il presidente statunitense Barack Obama ha commentato sul trasferimento del potere da uomini a donne quando ha detto al New York Times che, sebbene lavori in costruzione e settore manifatturiero non scompariranno del tutto, “costituiranno una percentuale inferiore dell’economia nel suo insieme”. Ed il risultato, ha detto, sara` che “sara` altrettanto probabile, se non di piu`, che siano le donne ad essere il principale procacciatore di cibo in famiglia”.

Questo significa che il macho scalpitante e fin troppo lautamente remunerato sta ora diventando un macho disoccupato e senza direzione – un fenomeno diverso ma possibilmente altrettanto distruttivo. L’anno scorso uno studio pubblicato su Social Science & Medicine [“Scienze Sociali e Medicina” N.d.t.] ha trovato che lunghi periodi di disoccupazione conducono spesso a un forte consumo di alcolici, specialmente per uomini tra i 27 ed i 35 anni. E questo macho vittima della globalizzazione puo` scordarsi il matrimonio: il sociologo Andrei Cherlin dice che “tra i lavoratori che sproporzionatamente vedono il loro lavoro spostarsi all’estero o sparire tra chips di computer, sempre meno giovani adulti penseranno di potersi sposare”. E cosi continuera` a svanire quell’effetto disciplinare che il matrimonio ha sui giovani uomini.

Come si sviluppera` questa transizione al mondo del post-macho? Dipende dalle scelte che gli uomini faranno, ed hanno solo due alternative.

La prima possibilita` e` adattarsi: che gli uomini accettino le donne come partner paritari ed assimilino le nuove sensibilità` culturali, istituzioni ed accordi paritari che questo potrebbe comportare. Questo non significa che tutti gli uomini dell’occidente si trasformeranno in dandy metrosexual, mentre gli ascolti delle partite di football ed i consumi di birra crolleranno. Ma con la morte del macho, un nuovo modello di mascolinità` potrebbe farsi strada, particolarmente tra alcuni uomini istruiti che vivono nel benestante Occidente del mondo.

L’economista Beth Stevenson ha descritto il declino di un logoro tipo di matrimonio, nel quale gli uomini si specializzano nel lavoro retribuito mentre le donne si occupano dei figli, in favore di un matrimonio di consumo, “nel quale entrambi i coniugi contribuiscono equamente alla produzione nel mercato, e sono uniti piu` da un condiviso desiderio di come consumare e vivere la propria vita”. Questi matrimoni tendono a durare piu` a lungo, ed a comportare una divisione piu` paritaria dei compiti casalinghi.

E non e` una coincidenza il fatto che una maggiore adattabilità` alla vita familiare negli uomini istruiti si estende alla vita economica. L’economista Eric D. Gould ha riscontrato nel 2004 che il matrimonio tende a rendere gli uomini (particolarmente quelli con salari piu` bassi) piu` seri nella propria carriera – piu` proni a studiare di piu`, lavorare di piu` ed a desiderare lavori da impiegato piuttosto che da operaio. Questo dell’adattamento degli uomini puo` essere uno scenario ottimistico, ma non e` del tutto improbabile.

Poi, comunque, c’e` l’altra possibilita`: resistere. Gli uomini potrebbero decidere di lottare all’ultimo sangue per la sopravvivenza del macho, sacrificando le proprie prospettive nel tentativo di interrompere e rallentare una potente tendenza storica. Ci sono abbondanti precedenti in questo campo. Difatti, uomini che non hanno maniere costruttive di dare sfogo alla propria rabbia potrebbero diventare una fonte di estremismo militante; pensate ai nostalgici del KGB in Russia o alle reclute della Jihad alla ricerca dell’onore perduto, per nominare solo un paio di esempi. E ci sono ancora parecchi uomini nell’Occidente che vogliono “ostacolare la storia, urlare STOP”. Malgrado questi, comunque, i paesi dell’occidente sviluppato questa volta non sembrano per la maggior parte cercare di conservare il vecchio squilibrio tra i generi del machismo.

Invece, la scelta tra adattamento e resistenza potrebbe svilupparsi in una divisione geopolitica: mentre gli uomini del Nord America e dell’Europa dell’Ovest in gran parte – anche se non sempre felicemente – potrebbero adattarsi al nuovo ordine egalitario, le loro controparti nei giganti emergenti dell’Est e Sud Asia, senza parlare della Russia, tutti luoghi in cui le donne ancora spesso affrontano una brutale oppressione domestica, potrebbero avviarsi verso una ancora piu` esagerata ineguaglianza dei generi. In società tali, il potere statale verra` usato non per promuovere gli interessi delle donne, ma per mantenere il macho in vita.

Guardiamo alla Russia, dove la situazione si e` sviluppata in questo senso nell’ultimo decennio. Nonostante ci siano 10,4 milioni piu` donne russe che non uomini, la maggioranza numerica non si e` tradotta in un potere politico o economico. Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, l’ideale dell’uguaglianza delle donne e` stato completamente abbandonato, e molti Russi hanno rianimato il culto della casalinga a tempo pieno (con il governo Putin che offriva persino un bonus alle donne incinte). Ma gli uomini russi, confusi dalla dislocazione del collasso sovietico e da un decennio di crisi economica, semplicemente non hanno saputo adattarsi. Secondo la scrittrice moscovita Masha Lipman “era comune per gli uomini cadere in depressione e spendere giorni a bere e fumare sdraiati sul divano”. Tra tassi altissimi di mortalità, incarcerazione ed alcolismo, e bassi tassi di educazione, solo un basso numero di uomini russi furono anche lontanamente capaci (o desiderosi) di essere i soli a lavorare in famiglia.

E cosi` le forti donne russe sono state lasciate al lavoro, dovendo contemporaneamente accettare livelli di sfruttamento sessuale sempre piu` alti al lavoro ed un’enorme ipocrisia a casa. Secondo la ricerca di Elena Mezentseva, del Centro di Ricerca sui Generi di Mosca, in Russia e` impiegata una percentuale maggiore di donne in eta` lavorativa che in quasi ogni altra nazione, ma secondo le statistiche del 2000 una donna russa guadagnava solo la meta` di un uomo russo per lo stesso lavoro. In tutto questo tempo Putin ha favorito questo atteggiamento negli uomini, trasformando la loro nostalgia del macho perduto in tempi sovietici in un’ideologia.

Se questo rappresenta lo scenario peggiore di dove potrebbe portare la morte del macho, un altro genere di pericolo si sta sviluppando in Cina. Il suo pacchetto di stimolo di 596 miliardi di dollari porta una molto maggiore somiglianza ad un programma di coinvolgimento pubblico sullo stile del New Deal che non qualsiasi altro programma proposto dal partito democratico degli Stati Uniti. Se il settore sanitario e l’educazione hanno attratto la maggior parte dei fondi dello stimolo statunitense, piu` del 90 percento dello stimolo cinese e` diretto alle costruzioni: case popolari, autostrade, ferrovie, dighe, impianti di trattamento dei rifiuti, griglie elettriche, aeroporti, e molto altro.

Questa febbre di spesa e` diretta a contenere il danno catastrofico causato dalla perdita di impieghi nel settore manifatturiero delle esportazioni cinesi. Il Partito Comunista Cinese da tempo vede i 230 milioni di lavoratori migranti, circa due terzi dei quali sono uomini, come una fonte di potenziale fermento politico. Decine di milioni hanno gia` perso il lavoro nel manifatturiero, e si sono finora dimostrati riluttanti a tornare nelle loro province di origine.

Come negli Stati Uniti la bolla immobiliare era una politica maschilista, cosi` la traiettoria economica della Cina negli ultimi due decenni e` fortemente legata al tentativo di arginare la minaccia posta dall’enorme popolazione migrante maschile. L’economista del MIT [Massachussets Institute of Technology] Yasheng Huang sostiene che mentre il primo decennio dopo le riforme economiche di Deng Xiaoping ha visto un’incredibile crescita economica e dell’imprenditoria nell’interland cinese, i due decenni successivi hanno visto un marcato declino delle prospettive economiche della Cina rurale insieme ad un concertato tentativo di promuovere il rapido sviluppo delle citta` costiere. Imprese statali e corporazioni multinazionali hanno goduto di generose sovvenzioni, agevolazioni fiscali ed altri accordi favorevoli ed in cambio hanno impiegato milioni di lavoratori migranti. Questo ha esacerbato la migrazione interna, che ha visto milioni di uomini lasciare la poverta` rurale in cerca di impieghi urbani a breve termine, ma dopo la rivolta di Piazza Tienanmen le citta` cinesi hanno dato loro il benvenuto in quanto strumento per evitare fermenti nelle citta`.

Oggi, comunque, e` difficile immaginare come i leader cinesi possano dipanare questa matassa. La situazione e` resa peggiore dal declino della popolazione – nascono in media 119 maschi ogni 100 femmine – e la nazione ha gia` visto proteste violente da parte di una popolazione maschile sempre piu` alienata. Certo, e` possibile che la Cina incanali costruttivamente questo surplus di macho-energia nella direzione dell’imprenditoria, rendendo il paese una fonte globale di innovazione radicale, con tutte le implicazioni anche militari che questo comporterebbe. Piu` probabilmente, se la natura del pacchetto di stimolo cinese e` di qualche indicazione, Bejing continuera` a privilegiare l’economia industriale urbana – poiche` se questa valvola di sfogo per il macho si sbriciolasse, ci sono buone ragioni di credere che il Partito Comunista si sbriciolerebbe con essa.

Potrebbe sembrare allettante pensare che la morte del macho sia una semplice correzione ciclica e che i maschi alfa del mondo finanziario saranno in grado di tornare presto al lavoro. Allettante, ma sbagliato. La “competizione tra peni” resa possibile da infinite agevolazioni, arcani strumenti finanziari e puro e semplice capitalismo, sara` ora addomesticata in maniera conclusiva.

La lui-cessione sta creando punti di contatto tra persone tipicamente non ritenute spiriti affini, da economisti comportamentali a storiche femministe. Mentre molti incolpano l’uomo del corrente disastro economico, molte discussioni si sono finora concentrate sugli effetti della recessione sulle donne. E questi effetti ci sono e sono reali. Le donne avevano un tasso globale di disoccupazione piu` alto prima della recessione, e continuano ad averlo. Questo fatto porta molti a concordare con il rapporto dell’ONU dell’inizio di quest’anno: “La crisi economica e finanziaria mette un carico sproporzionato sulle spalle delle donne, che sono spesso concentrate in settori di impiego vulnerabili, tendono ad avere minori indennità di disoccupazione e previdenza sociale, e subiscono un accesso ed un controllo diseguale alle risorse economiche e finanziarie”.

Questa e` una preoccupazione valida, e non incompatibile con il fatto che miliardi di uomini intorno al globo, non solo un gruppo di banchieri screditati, ci rimetteranno sempre di piu` nel nuovo mondo che sta prendendo forma dall’attuale naufragio economico. Le donne cominciano a guadagnare quel potere sociale, economico e politico che e` stato loro lungamente negato, e sara` niente meno che una vera e propria rivoluzione, tale che la civiltà` umana non ha mai visto.

Questo non vale a dire che uomini e donne si faranno la guerra separati da barricate. Il conflitto prendera` forme piu` sottili, ed il principale campo di battaglia saranno cuori e cervelli. Ma siate certi che l’asse del conflitto globale di questo secolo non saranno ideologie in guerra, o geopolitiche in competizione, o civilizzazioni che si scontrano. Non sara` la questione razziale o etnica. Saranno i generi. Non vi sono precedenti per una guerra dopo la morte del macho. Ma possiamo aspettarci che la transizione sara` lancinante, irregolare, e possibilmente molto violenta.

Titolo originale: "THE DEATH OF MACHO"

Fonte: http://www.foreignpolicy.com
Link
11.11.2009

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di MADDY

 

Cosa mangiavamo una volta di D. Bressanini

8 Dic

L’ultimo post, con un menù proposto dalla rivista La Cucina Italiana nell’ottobre del 1934 ha suscitato una vivace discussione su cosa veramente mangiassero gli italiani di una volta. E quali italiani in particolare: i contadini? La classe urbana piccolo borghese? I ricchi? Il generico “popolo” ? E poi, quando si parla di “cucina di tradizione popolare”, che cosa si intende veramente? Quale era questo “popolo” che la mangiava? E quanto spesso?

Caso vuole che abbia iniziato a leggere un bel libro che, tra le altre cose, affronta anche questi argomenti. Si tratta di “Pensato e mangiato”, di Daniele Tirelli.”Il cibo nel vissuto e nell’immaginario degli italiani del XXI secolo”. (Un grazie all’amico Antonio Pascale che me lo ha fatto conoscere)

Per analizzare il modo con cui l’italiano moderno guarda e pensa al cibo e alla cucina di oggi Tirelli parte con l’analizzare che cosa e quanto realmente mangiassero gli italiani nei secoli scorsi, per poi indagare sul perché gli italiani di oggi abbiano essenzialmente, complice l’industria e il marketing, una idea distorta e falsificata di cosa sia realmente la “tradizione culinaria italiana”.

Il libro riporta dei grafici (fonte ISTAT) molto interessanti che riguardano i consumi di vari alimenti degli italiani al variare del tempo.

Il primo grafico che vi presento è il consumo di frutta e ortaggi degli italiani. Notate come il consumo si sia impennato a partire dagli anni ‘60. Se il consumo di patate è rimasto quasi costante frutta fresca e pomodori, e più di recente gli agrumi, sono aumentati di molto.

frutta-ortaggi

Mangiamo sicuramente molta più frutta e verdura noi oggi (e di migliore qualità) di quanto ne mangiassero i nostri bisnonni. I molti piatti della “tradizione” a base di ortaggi non dovevano essere poi molto frequenti, almeno per la gran parte degli italiani.

Il consumo di carne e pesce è invece aumentato in modo spettacolare a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Interessante notare che solo dieci anni dopo la fine della guerra si sono raggiunti i livelli di consumi di carne e pesce rimasti stabili per tutti gli anni ‘30 . Si deve però tenere conto che mentre prima della guerra il consumo di carne e pesce era di carattere più elitario, dopo la guerra aumentano i consumi globali, rendendo accessibili le proteine animali a quasi tutti. Anche qui la considerazione è analoga: quando parliamo di bolliti, stufati, lessi, arrosti, brasati e quant’altro come piatti “popolari” siamo sicuri che fossero conosciuti al “popolo” ? E in quali anni?

carne-pesce

Ecco come commenta Tirelli

L’aspetto più impressionante di questo indubitabile sviluppo resta tra tutti sicuramente la rivoluzione alimentare costituita dalla crescita del consumo di carni.

Il grafico mostra appunto come in un lasso di tempo brevissimo l’apporto di proteine animali sia pressoché decuplicato rispetto agli anni del Risorgimento e quintuplicato rispetto agli ultimi anni del regime fascista.

È in ogni caso difficile comprendere, al di là degli aspetti culturali, cosa possa aver significato realmente dare piena soddisfazione al desiderio perennemente represso di carne che ha afflitto per secoli la nostra popolazione. Matilde Serao ne il ventre di Napoli (ed. 2005) ci offre uno spunto utilissimo riportando la sintesi di un “questionario” riferibile più o meno al 1880, che recità così

  • Carne Arrosto? Il popolo napoletano non ne mangia mai
  • Carne in Umido? Qualche volta, la domenica, o nelle grandi feste, ma è di maiale o di agnello
  • Brodo di carne? Il popolo napoletano lo ignora.

Mangiare carne a sazietà, soprattutto arrosto, appare dunque come una delle maggiori conquiste sociali della popolazione italiana, che probabilmente ne è ancora psicologicamente condizionata.

Sul pesce: La seconda metà del XX secolo ha visto un ribaltamento vero e proprio dei precedenti concetti di qualità con la rapida caduta delle preferenze per il pesce d’acqua dolce, ritenuto il più pregiato, e l’innalzamento di quello di mare, dei crostacei e dei molluschi in particolare.

Il consumo di cereali invece  è addirittura diminuito dagli anni ‘30 del secolo passato, soprattutto a spese di cereali minori come il granoturco (il “frumentone” di una volta) e la segale. Il consumo di frumento è leggermente diminuito dagli anni ‘30. Quella che è cambiata è la composizione: meno pane e più pasta di vari tipi.

cereali

Anche il consumo di vino è fortemente diminuito, solo parzialmente sostituito con la birra.

vino-birra

Ecco come commenta Tirelli

Altrettanto interessante è la tendenza storica seguita da “alimenti liquidi” come il vino e la birra. La seconda, praticamente assente dai consumi di massa sino all’ultimo dopoguerra (tranne le eccezioni di piccole aree di tradizione locale), non può evidentemente essere messa in contrapposizione con la prima. Strutturalmente si può dire, di fatto, che, pur rimanendo eguali le quantità pro-capite totali consumate nella seconda metà dell’800 e nella seconda metà del ‘900 (circa 85 litri), è cambiata drammaticamente la qualità del vino destinato al mercato di massa. Di pessima qualità, artefatto ed annacquato nell’800, il vino ha goduto dell’innalzamento qualitativo e della destagionalizzazione grazie allo sviluppo dell’industria enologica. Tutto questo in barba al mito neoromantico del ”vino del contadino”, che tanta parte ha avuto nella stereotipizzazione dell’odierna tradizionalità.

Il tema della “tradizione” (vera, presunta o inventata) è un tema delicato e lo riprenderemo (quando avrò finito di leggere questo  libro e alcuni saggi di Massimo Montanari :-) ). Mi permetto solo per ora di suggerire l’idea che spesso non siamo in gradi di collocare temporalmente le ricette che conosciamo. Abbiamo già parlato della Carbonara, e di come in realtà sia un piatto entrato a far parte della “tradizione italiana” solo negli anni ‘50. E quanti di voi sanno che il famoso Tiramisù, il dolce italiano forse più famoso al mondo, è di invenzione ancora più recente? Risale agli anni ‘70, creato a Treviso al ristorante Le Beccherie. Scommetto che molti di voi pensavano (come me) che fosse un dolce “tradizionale” :-)

Vi riporto un estratto dove Tirelli affronta il tema della “tradizione”

Non v’è dubbio che in campo alimentare si colga il continuo riemergere di un bisogno di “fede”, di certezze che il proliferare delle tecniche fuori dal controllo dell’”uomo qualunque” sembra aver cancellato. Sono sentimenti che giustificano questo nuovo grande amore per la ”tradizione”, per un modello che “deve” esistere indipendentemente dai fatti accertati.

Storicamente, qualora si volesse ravvisare il riprodursi nel corso della storia di un modello di cucina italiana, occorrerebbe aderire al principio che la sua esistenza e la sua circolazione possono essere percepite soltanto facendo riferimento a quel che accadde nei circoli aristocratici e nelle diverse élite cittadine. Sappiamo cioè che usi e costumi alimentari non furono diffusi omogeneamente tra le grandi masse di popolazione, costrette invece a regimi poveri, monotoni e immutabili. Per rendere bene il concetto, non va dimenticato che se si parla delle origini della cucina bolognese, ad esempio, essa va riferita all’élite cardinalizia e borghese della città emilinana. Gli strati poveri e la maggioranza della popolazione per secoli ignorarono praticamente tutto delle specialità che hanno reso celebre la mia città, “grassa” e “dotta”. Guido Bezzola (1991) ricorda i tremendi e quasi incredibili squilibri alimentari della Milano di Stendhal. La parola “pane”, che per noi è sinonimo di “vitto”, significava solo “pane” poiché gran parte della popolazione urbana si nutriva solo di quello mentre in campagna prevaleva la polenta e la castagna. Allorquando si parla di piatti regionali d’origine contadina, dovremmo chiederci in primo luogo quante persone li mangiavano e quante volte nella loro vita, dice Bezzola.

Dunque l’attuale stereotipo che attribuisce ad una tradizione popolare piatti che in realtà la maggioranza della popolazione conosceva appena, la dice lunga sulla mistificazione culturale a cui stiamo assistendo. Tutto questo è ancor più evidente se si considera che anche tra le classi borghesi, la frequenza del consumo delle tipiche specialità della cucina “grassa” era enormemente più bassa di quel che suppone l’osservatore moderno. I tortellini, tanto per fare un esempio classico e ovvio, erano consumati in pochissime occasioni.

if my grandfather should be clever

1 Dic

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Questo è il potere di P. Rossi Barnard

17 Nov

Eccovi i nomi e cognomi del Potere, chi sono, dove stanno, cosa fanno. Così li potrete riconoscere e saprete chi realmente oggi decide come viviamo. Così evitate di dedicare tutto il vostro tempo a contrastare le marionette del Potere, e mi riferisco a Berlusconi, Gelli, Napolitano, D’Alema, i ministri della Repubblica, la Casta e le mafie regionali. Così non avrete più quell’imbarazzo nelle discussioni, quando chi ascolta chiede “Sì, ma chi è il Sistema esattamente?”, e vi toccava di rispondere le vaghezze come “le multinazionali… l’Impero… i politici… ”. Qui ci sono i nomi e i cognomi, quindi, dopo avervi raccontato dove nacque il Potere (‘Ecco come morimmo’, paolobarnard.info), ora l’attualità del Potere. Tuttavia è necessaria una premessa assai breve.

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11 Ott

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il responsabile sicurezza : "un’ azione dimostrativa"